I contratti di apprendistato, tra cui rientra l’apprendistato professionalizzante, sono contratti di lavoro subordinato, a tempo indeterminato e disciplinati dalla legge.
Sono finalizzati alla formazione e all’occupazione giovanile e disciplinati dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81e successive modifiche.
Nel dettaglio, si dividono in tre tipologie: l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore; l’apprendistato di alta formazione e ricerca, finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione e poi l’apprendistato professionalizzante, particolarmente indicato per il mondo artigiano e per le PMI che desiderano assumere e formare al proprio interno le figure professionali necessarie.
Nell’articolo che segue vediamo nel dettaglio proprio quest’ultima tipologia.
Che cosa è l’apprendistato professionalizzante?
L’apprendistato professionalizzante viene definito e normato dalla legge come uno strumento che consente ai giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni di stipulare contratti di apprendistato e svolgere attività lavorativa in accordo con le disposizioni dello specifico contratto collettivo nazionale (CCNL).
Al contempo, però, il giovane può anche svolgere attività formativa all’interno dell’azienda, nonché attraverso specifici corsi organizzati dalle regioni per acquisire competenze professionali trasversali sia tecniche che specialistiche per una durata massima di 120 ore (40 ore all’anno).
L’apprendistato professionalizzante è un percorso che non porta all’acquisizione di un titolo di studio professionale, ma contribuisce all’accrescimento delle capacità tecniche del giovane, per portarlo a diventare un lavoratore qualificato. Non va confusa con l’alternanza scuola lavoro prevista per gli studenti della scuola secondaria poiché si tratta di un vero e proprio contratto di lavoro che va redatto in forma scritta e assoggettato al rispetto di una serie di indicazioni. Deve contenere la descrizione della prestazione lavorativa a cui il lavoratore verrà adibito e la qualifica professionale che potrà conseguire al termine del rapporto,a seconda di come sarà svolta la formazione aziendale o extra-aziendale. Il contratto dovrà contenere anche il piano formativo individuale generale e il piano formativo individuale di dettaglio, ossia la descrizione della tipologia di formazione che sarà destinata al giovane.
A sua volta, il piano formativo individuale generale prevede due percorsi: un percorso formale e uno non formale.
La formazione formale deve svolgersi all’interno o all’esterno dell’impresa purché non in luoghi destinati alla produzione. Questa tipologia di formazione deve essere della durata di 120 ore annue ripartita al 35% per l’acquisizione di contenuti di base e trasversali al 20% per l’acquisizione di competenze professionali di settore e il restante 45% per l’acquisizione di competenze professionali specialistiche.
La formazione non formale, invece, si intende all’interno del contesto produttivo e di lavoro. In questo caso l’obiettivo è quello di conseguire un’abilità tecnico-operativa sotto la guida di un tutor aziendale.
Al termine del percorso formativo nel suo complesso, l’impresa o la struttura di formazione esterna rilasciano all’apprendista l’attestazione della qualifica professionale.
Quali sono gli incentivi per le aziende e gli artigiani?
Per un’impresa, o una ditta artigiana, far ricorso al tirocinio in generale, non solo la tipologia professionalizzante, porta con sé tutta una serie di vantaggi economici che rendono, da sempre, l’apprendistato un contratto particolarmente appetibile per il datore di lavoro, specie per le PMI fino a 9 dipendenti e i professionisti.
La stipula di un contratto di apprendistato consente, infatti, risparmi non indifferenti, soprattutto per i datori di lavoro di minori dimensioni (fino a 9 dipendenti). Si pensi alla riduzione delle aliquote contributive che varia in base alle dimensioni dell’azienda e alla durata del rapporto.
Nel dettaglio, per le imprese fino a 9 dipendenti l’aliquota dei contributi a carico del datore di lavoro è rispettivamente dell’1,5% il primo anno, del 3% il secondo anno, e del 10% a partire dal terzo anno e in caso di consolidamento del contratto, per i 12 mesi successivi, oltre all’1,61% previsto dalla Legge 92 del 2012.
Per le imprese con più di 9 dipendenti l’aliquota contributiva è sempre del 10%.
Le aziende che decidono di assumere un tirocinante hanno l’opportunità di formare ad un costo molto basso (esclusi naturalmente i costi di retribuzione dell’apprendista) le professionalità più utili e di inserire una forza lavoro qualificata, beneficiando di notevoli sgravi contributivi e previdenziali con la forte riduzione delle aliquote contributive.
Benefici che si conservano per un anno (sgravio del 50% dei contributi dovuti, entro il tetto di 3.000 euro con l’unica condizione che il dipendente non abbia compiuto il trentesimo anno di età alla data di inizio della prosecuzione) con la prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo determinato al termine del periodo di formazione.
La durata del contratto di apprendistato professionalizzante, tuttavia, non può essere superiore a 3 anni (che possono eccezionalmente diventare 5 per i profili professionali individuati dal contratto collettivo). Il lavoratore, in questo periodo, può essere sotto inquadrato fino a che la competenza per cui lo si sta formando non è acquisita.
Le imprese con più di 50 dipendenti hanno l’obbligo di confermare almeno il 20% degli apprendisti con contratto a tempo indeterminato.
Quali sono gli incentivi per le aziende e gli artigiani?
Il contratto di apprendistato non è vantaggioso soltanto per i datori di lavoro: anche ai lavoratori vengono riconosciute diverse agevolazioni, in particolare le stesse tutele dei lavoratori dipendenti.
Un apprendista può usufruire degli ammortizzatori sociali qualora l’azienda entrasse in crisi e anche di agevolazioni fiscali IRPEF e contributive INPS.
Ma allora quali sono le differenze da un contratto non di apprendistato? Qualche differenza c’è ed è generalmente indicata nello specifico CCNL ma, più in generale, chi sottoscrive un contratto di apprendistato professionalizzante ha diritto a ogni tutela prevista dalle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria. Gli sarà riconosciuta quindi la IVS, la possibilità di far richiesta dell’assegno unico(invalidità, vecchiaia e superstiti), l’assicurazione contro le malattie, la NASpI in caso di perdita del lavoro, la maternità e l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dell’INAIL.
La copertura assicurativa dell’apprendista si estende anche alle attività di insegnamento, sia che vengano svolte in azienda che all’esterno, poiché le ore di insegnamento sono considerate lavorative e computate nell’orario di lavoro.
Apprendistato professionalizzante e cessazione del contratto
Il contratto di apprendistato professionalizzante è a tutti gli effetti un lavoro subordinato a tempo indeterminato e, come tale, è soggetto al recesso da parte del lavoratore. Nel caso di risoluzione consensuale del rapporto, pertanto, vanno applicate le regole ordinarie.
Non è inoltre necessario attendere la “stabilizzazione” del tirocinante per recedere dal contratto. Può avvenire per il mancato superamento del periodo di prova, ma anche durante il periodo formativo, da parte del tirocinante, per giusta causa. Se a interrompere il rapporto di collaborazione è il datore di lavoro, durante il periodo formativo, senza un giustificato motivo, si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo.
Al termine del periodo di apprendistato, invece, entrambe le parti possono recedere con un preavviso stabilito dal CCNL.
Sempre dopo la stabilizzazione del contratto, invece, ovvero quando diventa a tempo indeterminato, il lavoratore può venire licenziato per giusta causa oppure giustificato motivo: le ragioni di tale scelta devono sempre essere giustificate allegando appunto le motivazioni di giusta causa o giusto motivo.
Se un lavoratore è beneficiario di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione, il datore non può recedere dal contratto a fine periodo formativo con il semplice preavviso.